Gianni Rodari

Carla Maria Nironi
3 min readOct 23, 2020

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Nel marzo 1972 fu organizzato a Reggio Emilia un convegno che portava un nome straordinario: INCONTRI CON LA FANTASTICA.

Di questo incontro, che si svolse presso la sala grande della Casa dello Studente di Via dell’Abbadessa, adiacente i nostri uffici, si parlò in seguito a lungo poiché Rodari scrisse il suo libro La grammatica della fantasia.

Molti potranno parlare di contenuti pedagogici e di quello che significò per Reggio questa occasione, ma io vorrei raccontare gli aspetti secondari che raramente appaiono e che stanno a lato di avvenimenti straordinari come quel convegno.

Mi avevano inserito nel gruppo che avrebbe dovuto occuparsi degli aspetti organizzativi: gli inviti, la preparazione della sala, la battitura a macchina di diversi documenti ecc.

Anche in queste mansioni apparentemente poco fantasiose vi fu una grande effervescenza di idee.

Già la preparazione della sala fu un avvenimento gioioso. La sala poteva contenere forse 150 persone ed era sostenuta da due file di colonne violette.

Le atelieriste dell’epoca si scatenarono per abbellire l’ambiente, per la verità un po’ squallido.

Vea Vecchi, della scuola Diana, che oltre a essere una donna bellissima e intelligente sembrava sempre travestita da farfalla, portò delle stelline d’argento che vennero collocate sulle colonne. L’effetto fu immediatamente suggestivo.

Sapevamo che la maggior parte dei convenuti sarebbe arrivata in treno. Decidemmo di mettere degli striscioni di carta da scena, dipinti dai bambini, lungo tutto il percorso che dalla stazione arrivava in Via dell’Abbadessa. Non solo, lungo le strade che portavano fino all’ingresso della sala, furono incollati a terra dei grandi piedi colorati che si dirigevano verso la meta. Inoltre tutta la città era tappezzata di manifesti su questo INCONTRO CON LA FANTASTICA per cui possiamo facilmente immaginare come l’impatto visivo sui passanti fosse assai forte.

Siccome non ero insegnante, partecipavo poco agli incontri che si tenevano dentro la sala dalle colonne violette.

Ci passavo di sfuggita e mi fermavo incantata anch’io dalle parole di Gianni Rodari e dalle cose che venivano costruite con lui. Sapevo che certe giornate lui andava a giocare con i bambini della scuola Diana e avrei voluto essere una mosca (o un bambino anch’io) per stare lì con lui.

C’erano però dei momenti che mi sentivo io la privilegiata. Qualche mattina o al termine della giornata, quando le sedute del convegno o la scuola terminavano, Gianni Rodari veniva in Direzione, mi salutava cordialmente e si sedeva nella sala a riunioni la cui entrata era di fronte a quella del mio ufficio.

Rodari era un uomo magrolino, non tanto alto, dall’aspetto dimesso di un maestro di campagna. Aveva un viso dolce e cordiale, il naso leggermente curvo, il sorriso sempre pronto e un modo così gentile di parlare che suscitava analoga gentilezza negli interlocutori.

La sala riunioni era di medie dimensioni, conteneva un grande tavolo e una ventina di sedie di finta pelle. La nostra Luisa, aveva provveduto alla pulitura del tavolo con la birra.

Dunque Gianni Rodari si sedeva nella frescura e nella tranquillità della sala, aprendo le sue carte sul tavolone alla birra e, mentre noi continuavamo a lavorare cercando di non fare chiasso per non disturbarlo, raccoglieva le sue idee. Quando aveva finito di scrivere, compariva sull’uscio con i foglietti degli appunti stretti fra le due mani e mi chiedeva:

– Scusa, compagna, avresti tempo di scrivere? –

In quegli anni in Emilia dire compagno era un modo di interloquire e poi io ero compagna davvero, nel senso che ero iscritta al PCI, come lui del resto.

Immaginatevi se non avevo tempo per Gianni Rodari!

Rimandavo a dopo quello che avevo da fare in quel momento e scrivevo i suoi appunti con molto piacere e un certo orgoglio.

Del resto mi sono sempre sentita privilegiata di essere la prima, proprio perché dattilografa, ad ascoltare le idee delle persone. Figuriamoci poi quelle di Malaguzzi o di Rodari o le conversazioni dei bambini nelle scuole!

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Carla Maria Nironi
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Written by Carla Maria Nironi

We never looked back. Story of the birth of Reggio Children as I lived it working for many years side by side with the great Loris Malaguzzi

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